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The Traitors Italia, il mistery show di Prime Video che trasforma il sospetto in spettacolo e che qui trova la sua forma più intrigante

Gianluca Ilrosso

Mercoledì 26 Novembre 2025

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The Traitors Italia, il mistery show di Prime Video che trasforma il sospetto in spettacolo e che qui trova la sua forma più intrigante

Fin dalla prima puntata capisci subito che The Traitors Italia non è un reality come gli altri. Non è quando iniziano le nomination, non è quando si accende il gioco di strategia. È quando i concorrenti si siedono al tavolo rotondo e parlano con la stessa compostezza di una riunione tra spie internazionali, mentre prendono decisioni capaci di ribaltare alleanze, amicizie e reputazioni. La tensione non arriva da un colpo di scena singolo – anche se ce n'è uno particolarmente forte – ma dal modo in cui tutti cercano di mantenere un’aria indagatrice mentre si accusano, mentono, proteggono e tradiscono. È un reality costruito come un gioco sociale e confezionato come un film, ora disponibile su Prime Video.

La versione italiana di The Traitors si inserisce esattamente in questo solco, con un’impostazione che attinge dalle versioni già affermate all’estero, ma senza imitarle per forza. L’impronta è più asciutta, più controllata, più orientata verso quel tipo di intrattenimento che punta tutto sulla psicologia e sulle situazioni, spiazzanti e divertentissime. E la prima sorpresa, guardando lo show, è la conduzione di Alessia Marcuzzi. Non entra in scena per creare caos. Non cerca la battuta comica. Porta ordine, piuttosto. Porta ritmo. Porta una freddezza che mette a disagio più di qualsiasi effetto drammatico. Sembra Knives Out ma in versione mistery show.

 
Un cast scelto per aumentare la pressione e alleggerirla un attimo dopo
Il cuore dello show sono i concorrenti, suddivisi tra Leali e Traditori. Non semplicemente famosi, ma adeguati al gioco. Perché The Traitors Italia non funziona se non hai concorrenti in grado di sostenere il peso dello sguardo collettivo. Filippo Bisciglia si muove con la leggerezza ma anche la prudenza di chi sa come reggere la scena. Aurora Ramazzotti porta una lucidità naturale che la rende credibile in ogni confronto. Paola Barale è quella presenza da televisione anni Novanta che regala perle a non finire. Giancarlo Commare alterna gentilezza e competizione con una naturalezza che lo rende imprevedibile. Michela Andreozzi usa l’intelligenza come ritmo narrativo, entrando e uscendo dalle dinamiche con precisione chirurgica. Giuseppe Giofrè osserva molto e parla quando serve, un mix che nei reality pesa più di mille confessionali. Yoko Yamada porta spontaneità e un’ironia che entra di sbieco e destabilizza. Rocco Tanica trasforma il nonsense in strategia senza dichiararlo, un black humour calibrato che smonta le tensioni anche quando non te l'aspetti. E poi Raiz, Tess Masazza, Mariasole Pollio, Alessandro Orrei, Pierluca Mariti e Daniele Resconi: ciascuno con un’identità mediatica chiarissima e un modo diverso di reagire.

Quello che colpisce, più dei nomi, è la chimica, la tensione, ma anche il divertimento intrinseco. Sono lì per giocare. E il pubblico, di conseguenza, si ritrova a interpretare i micro-movimenti più che le dichiarazioni, seguendo in contemporanea il team dei Traditori e quello dei Leali, che con qualche difficoltà cercano di smascherare chiunque: le sopracciglia che si sollevano, le pause prima di rispondere, la velocità con cui si sposta uno sguardo. Tutto è un indizio, in stile Cluedo.
 

Il paragone con l’estero è naturale e serve solo a capire la firma italiana
Nel Regno Unito il format è diventato un fenomeno culturale perché ha preso la struttura del reality e l’ha vestita da mystery show. In America ha trovato la spettacolarità e la teatralità, trasformando ogni puntata in un piccolo episodio drammatico. L’Italia fa qualcosa di diverso. Prende la parte psicologica e la porta nel nostro immaginario, più diretto, più verbale, meno estetizzante. E ci aggiunge due elementi che nelle versioni estere non sono così forti. Prima di tutto, la leggerezza. Non quella che smorza, ma quella che punge. Le battute che arrivano nel momento esatto in cui la tensione rischia di essere troppo pesante (vedi Rocco Tanica). Un black humour molto italiano che non rovina la strategia, anzi la esalta. E poi c'è la familiarità. Molti dei concorrenti appartengono a quel tipo di universo televisivo (e non solo) che rende la gara ancora più interessante. Molti si conoscono tra di loro, e questo rende il tutto ancora più intrigante.

Ora che tutte le puntate di The Traitors Italia sono disponibili su Prime Video, il gioco entra davvero nelle mani di chi guarda. Le alleanze erano sincere o solo un modo elegante per sviare le indagini e vincere? I sorrisi erano strategici o semplicemente ingenui? Chi ha saputo leggere meglio gli altri e chi, invece, ha confuso il silenzio per fiducia? E tu, a chi avresti creduto?

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